Archivio delibere

Archivio delle delibere del Comune di Lari, dal 1867 al 1949

Commemorazione della marcia su Roma

L’On: Signor Piazzesi Cap: Andrea, pronunzia il seguente discorso:
«Onorevoli Colleghi,
Oggi in settemila comuni del regno per volontà del Duce, si, solennizza il secondo Anniversario della Marcia su Roma.
Due date Ottobre 1922 Ottobre 1924.
È un pauroso ricordo la tragica situazione in cui versava l’Italia, quando assurse al potere il Governo Fascista = Le masse dei lavoratori illuse di fantastici, miraggi, lanciate contro lo stato e contro tutta la sua organizzazione economica e politica = Lo stato inerte esautorato minacciato nella sua stessa compagine, l’industria in crisi, la disoccupazione incalzante, la fame in vista. Il prestigio della nazione nullo = I servizi pubblici in preda al disordine e alla anarchia. L’Esercito vanto ed orgoglio della nazione, ridotto in pietose condizioni, sopraffatto come un parassita del bilancio, deriso schernito. Il politicantismo rivoltante di un parlamento inetto ed asservito alle demagogie più accese incapace di provvedimenti energici, atti ad impedire il pericolo incalzante del fallimento – Gli animi dei buoni sfiduciati e depressi = Governi inetti non di altro capaci che di vili rinuncie di adattamenti vergognosi. Fosco il quadro, ma per quanto fosco, esso è una tenue sbiadita pennellata della situazione, del 1922.
In queste desolanti condizioni il fascismo assunse la direzione dello stato con un irresistibile moto antiparlamentare, non anticostituzionale. Nella Costituzione rimanemmo, nella Costituzione dovremmo rimanere. Afferrare il timone della nave quando infuria la tempesta ed incombe alta e terribile la minaccia del naufragio. Assumere tutta intiera la responsabilità delle sorti della Patria, quando davanti non c’è che la visione del baratro in cui essa correva rischio di precipitare e soltanto in un orizzonte lontano si accende e si scorgono i fuochi della speranza; trovarsi fronte a fronte di una realtà tragica e sapere che non si hanno altre armi per superarla che il proprio saldo cuore ed una volontà disperata; vivere tutti i momenti in trepidazione senza nome, in consumazione di amore e di ardore aggrappati alla propria fede come alla sicura ancora di salvezza; Oh! intesa così la missione angosciosa e tremenda della nazione, per quanto dicano gli irrequieti salta barriere dell’arrivismo, tanto pel Capitano che dirige la nave nel fortunale quanto, per l’ultimo uomo della sua ciurma fedele, il potere non è una gioia, ma la più lacerante quotidiana sofferenza, confortata soltanto dalla consapevolenza orgogliosa dell’adempimento devoto di un sacrosanto dovere. Ristabilire quasi dal fondamento l’autorità dello stato, il prestigio nazionale all’estero, fermare il paese sull’orlo del baratro finanziario, riordinare tutti i pubblici servizi, risuscitare le forme di attività economica, sono compiti che solo una volontà inflessibile, ed audace poteva affrontare. E Benito Mussolini figlio del popolo, figlio della trincea, figlio della rivoluzione, ha affrontato con Romana serenità questa tremenda missione.
On: Colleghi in alto i cuori; anche noi, che portammo il nostro modesto contributo di lavoro e di fede, esultiamo: I due anni di Governo, malgrado i vani dinieghi dei botoli ringhiosi delle opposizioni multicolori, hanno dato dei resultati tangibili, indiscussi, indiscutibili. L’Italia di Vittorio Emanuele 3° ha due volte obbedito all’appello del fato: nel maggio del '15, nell’ottobre del 1922, con animo degno della stirpe. Oggi al di là degli ostacoli virilmente, superati, col pensiero riverente a tutti i suoi morti, essa, raccoglie fieramente la riaffrancata anima nazionale; oggi dall’urbe come dal più umile borgo innalza un animo di gloria al Duce impareggiabile, al Re della vittoria di quella dinastia di principi che dal vecchio Piemonte; primi insegnarono agli Italiani a vincere od a morire per la Patria. E nel nome del Re, nel nome del Duce, libera e possente questa patria viva!»

Appena che il signor Sindaco ha terminato il suo dire, tutti i Signori consiglieri e il pubblico presente applaudono vivamente.
Quindi il Signor Borri Cav: Uff: avv: Dino, Presidente del Consiglio Provinciale che parla anche a nome dell’On: Gray, dice che la marcia su Roma apre il vallo dalla vecchia alla nuova Italia, affermando che tutti coloro, i quali sono in buona fede non possono non riconoscere i veri e grandi meriti del fascismo.
«Se errori ci sono stati essi furono causati da esuberanza giovanile, ed in ogni caso essi sono stati minori di quelli compiuti da altri. Per completare la sua opera il fascismo deve operare e costruire romanamente e cioè audacemente. Il Capitale ed il lavoro integreranno la loro opera a mezzo del Sindacalismo, che tende alla conciliazione degli interessi. La nuova Italia germogliata dal Sacrificio di tutti i gloriosi suoi figli caduti sul campo dell’Onore deve essere costruita dal sangue purissimo dei nostri morti.»
Il Cav: Avv: Borri termina il suo dire, rivolgendo un pensiero riconoscente a tutti i Caduti della trincea e del fascismo che si sacrificarono per un unica meta: La grandezza e la prosperità della patria.
Nutriti applausi da parte di tutti i presenti.
Dopo di che il Sig. Sindaco dichiara che la seduta è tolta, rinviando ad altra adunanza la trattazione degli affari iscritti all’odierno ordine del giorno.
Il Consiglio approva all’unanimità.
Dopo di che l’adunanza è chiusa.

  Il Presidente

Il Consigliere Anziano   Il Segretario